Un’ora e mezza di calcio, di storie, di curiosità ed esperienze. Di piacevole ascolto e interazione.
Ieri sera (17/02), durante l’incontro formativo Scuola Calcio élite, ci siamo goduti Marco Storari. Nella Meeting Room del Cimiano Sports Center l’ex portiere di Milan e Juve ha raccontato diversi episodi della sua carriera per spiegare cosa vuol dire essere numero 1. I suoi momenti straordinari in Serie A hanno un passato molto “normale”, che lo accomunano a tanti portieri della nostra vita quotidiana. Il Settore Giovanile alla Roma, la mancata conferma in giallorosso, le 20 presenze da un minuto per la regola dei ’77…
Marco è entrato nelle sabbie mobili, ma ha saputo uscirne. «La mia famiglia non mi ha messo pressione. Io non mi sono fatto prendere dallo sconforto e non ho mai mollato: la motivazione è tutto. Partendo dal mio caso, è questo il consiglio che do ai giovani portieri e alle loro famiglie: diamo leggerezza e manteniamo inalterate gioia e voglia di giocare».
Fare l’estremo difensore, si sa, è un mondo a parte. È l’unico a usare le mani, a indossare i guanti, a giocare in una zona di campo (l’area di rigore) che somiglia a una gabbia… «Fare il portiere è molto difficile. Servono tanta passione, personalità e un’attitudine innata. Ci si butta ovunque: serve spregiudicatezza. Occhio, però. Il portiere non è un pazzo, come si usava dire: è e deve essere riflessivo».
Il ruolo del portiere ha delle dinamiche particolari anche nella gestione del gruppo. «Credo che a partire da una certa età, circa 16 anni, sia giusto distinguere tra primo e secondo portiere. È la soluzione migliore per entrambi: il primo assume più sicurezza e continuità, il secondo sa che deve lavorare e migliorare. Prima, invece, non si può fare una distinzione netta. Fino ai 14 anni è difficilissimo capire quali siano le prospettive di un portiere. Quando uno cresce, si possono valutare doti tecniche e doti mentali».
Doti tecniche e doti mentali si spartiscono equamente le quote dell’importanza.
«A ogni età si può tornare a lavorare sui fondamentali. Bisogna tamponare subito eventuali lacune. Se miglioro i gesti tecnici, sbaglio meno. Se miglioro tecnica e posizionamento, posso giocare anche quando il fisico viene leggermente meno». Questo non toglie la possibilità di commettere degli errori: «Faccio una papera? Ok, non ci devo pensare. Non ci deve essere spazio per l’ansia: è tutta questione di concentrazione e divertimento. Per questo nei bambini non deve esistere alcun tipo di pressione. Anzi, gli adulti necessiterebbero dell’incoscienza dei bambini».
BLUE EYE
Poco prima dell’incontro con Marco Storari si è svolto un momento dedicato a Blue Eye. Il nuovo Main Partner del club si è presentato a genitori, dirigenti e tecnici presenti. In linea con l’obiettivo della collaborazione, Blue Eye si è rivelato fin da subito un Partner in grado di migliorare la vita di tutti i giorni degli atleti e di tutti i tesserati biancorossi.
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